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Cultura

Archivi

Gli archivi storici marchigiani, pur essendo rimasti un po’ in ombra rispetto ad altre tipologie di beni culturali, esprimono una potenzialità culturale straordinaria in quanto contenitore di tante memorie del passato, organizzazione della memoria scritta dell’ente che lo ha prodotto e ordinato, fonte per la storia della comunità nella quale e per la quale l’ente opera, ed infine testimonianza di raccordo per una più puntuale conoscenza  degli altri beni culturali.

Le amministrazioni locali, accanto alla ormai consolidata amministrazione archivistica messa in piedi dallo Stato, hanno incominciato a rivolgere la dovuta attenzione anche ai propri fondi e alla propria documentazione, dando vita ad azioni che tendono in primo luogo alla conservazione, quindi pure al riordinamento e alla valorizzazione in senso lato.

Si tratta di una inversione di tendenza, tanto più necessaria in quanto gli archivi marchigiani rischiavano di vedere la dispersione progressiva di spezzoni di un patrimonio documentario che si è sedimentato a partire dal periodo medievale. Alcuni archivi comunali conservano fondi diplomatici comprendenti documenti membranacei in originale risalenti al secolo XI.

Una stretta collaborazione avviata negli ultimi decenni in campo archivistico tra Stato e Regione viene a sancire questo indirizzo estendendo un rinnovato interesse ad archivi ecclesiastici, ospedalieri, di antico regime, postnapoleonici e postunitari, archivi politici, perseguendo le finalità proprie di un intervento complessivo ed articolato: corretta conservazione, maggiore fruibilità del patrimonio, qualifica professionale degli operatori del settore. Tale programma di interventi si inserisce in una più ampia azione di valorizzazione, volta a coinvolgere la collettività nella presa di coscienza dell’archivio come luogo privilegiato della memoria, dotato di enormi potenzialità culturali, didattiche ed informative, grazie alla predisposizione di nuove sedi accessibili al pubblico per attività di consultazione e di ricerca.

L’attuale programmazione regionale si raccorda secondo una linea di continuità  con le azioni svolte nel passato: sostegno al riordino, inventariazione e digitalizzazione dei fondi storici riconosciuti di  rilevanza regionale, sostegno alle pubblicazioni  di archivi di antico regime ed aggregati,  collaborazione con la Soprintendenza archivistica  per le Marche sostituita da Soprintendenza archivistica  dell’Umbria e delle Marche a seguito del  D.P.C.M. 29 agosto 2014, n.171, dai censimenti  di archivi storici  locali alla valorizzazione degli archivi del Novecento. 

Un programma ambizioso è quello di ricostruire l’unità di visione tra soggetti  conservatori, spesso di non  facile identificazione, ognuno dei quali  detiene nuclei parziali  di documentazione  che si vorrebbe ricomporre per offrire un quadro complessivo della realtà territoriale (poli archivistici) .Allo Stato attuale, grazie ad una ricognizione effettuata dalla Soprintendenza Archivistica , abbiamo  n. 327  “complessi archivistici” censiti e descritti di cui n. 47 archivi storici dei Comuni.  Tutti questi complessi archivistici saranno fruibili attraverso  una infrastruttura informatica , SIUSA – Sistema Informativo Unificato delle Soprintendenze Archivistiche , che renderà possibile all’utente l’accesso agli strumenti di consultazione sulla rete.Il tema più urgente  è quello di garantire la sopravvivenza di questi istituti culturali, legata all’offerta dei servizi in sede.  La necessità della riqualificazione degli archivi è presente sia nel Codice vigente dei beni culturali quando si parla di standard qualitativi per il funzionamento degli istituti culturali, sia nella normativa regionale del settore Cultura ( L.R. 4/2010, art. 18- Standard regionali di qualità ). Con ciò si intende dare nuovo impulso alla costruzione di un sistema archivistico regionale, impegnato nel consolidamento della qualificazione delle strutture: sedi idonee, arredi funzionali, personale qualificato, orari di apertura settimanali per la consultazione in sede  dei materiali documentari, disponibilità di rete wireless pubblica, sito web per offrire informazioni sui servizi. Il lavoro di conservazione  che è stato quello maggiormente realizzato a livello locale  (restauro, riordino, inventariazione ed adeguamento tecnologico) rappresenta  già un buon esempio di valorizzazione. Tuttavia la Regione ha inteso  favorire  con gli strumenti normativi  una linea di  programmazione che incentivasse la logica di sistema quale integrazione di saperi, competenze e risorse  ed  ha indirizzato  l’erogazione dei finanziamenti  verso una  nuova politica culturale, volta ad assicurare al territorio servizi coordinati nell’ottica di migliorare il funzionamento delle strutture e in definitiva la fruizione pubblica dei beni culturali.

Grazie alla  legge regionale 26/2009 l’Amministrazione regionale promuove e sostiene le iniziative di associazioni, fondazioni o enti senza scopo di lucro e culturali che conservano e valorizzano il patrimonio documentale o bibliografico degli archivi dei partiti politici, dei movimenti politici, di personalità politiche e dei sindacati che hanno operato nel proprio territorio e che sono stati riconosciuti di interesse storico particolarmente importante ai sensi dell’articolo 10, comma 3, e  dell’articolo 13 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 .

Questa legge di sostegno intende realizzare una cooperazione più stretta fra Stato e regioni  in materia di archivi nazionali e regionali, e rispondere ad una richiesta di valorizzazione delle fonti storiche attenta anche alla dimensione locale.

L’obiettivo è quello di coltivare la memoria e l’insegnamento della storia costruendo un patrimonio comune  con l’apertura al pubblico di archivi privati al fine di ampliare il più possibile le fonti documentali.

La Regione prevede per la tutela e la valorizzazione di  tale patrimonio un piano annuale di interventi con cui approvare i progetti di restauro, riordino ed inventariazione che i proprietari, possessori  o detentori, a qualsiasi titolo, presentano per accedere al contributo regionale. 

La valutazione dei progetti  avviene secondo criteri premianti stabiliti in un avviso pubblico : qualità del progetto rispetto a obiettivi e risultati attesi, tempi e fasi della realizzazione, relazione tecnico-scientifica, congruità della pianificazione finanziaria, urgenza per la salvaguardia conservativa del materiale, incremento dell’accessibilità al patrimonio documentario,  personale tecnico-scientifico qualificato con responsabilità nell’esecuzione del progetto.

Numerosi fondi archivistici marchigiani sono stati trasferiti al di fuori della regione soprattutto nel corso degli ultimi due secoli, ossia a partire dall'età napoleonica che, nella storia degli archivi, costituisce un vero spartiacque tra l'antico regime e l'età moderna. Tra questi fondi figurano molti archivi pertinenti ad enti ecclesiastici soppressi. Di seguito si fornisce un quadro, necessariamente sommario e ben lontano dalla completezza, delle principali spoliazioni e della documentazione rintracciata sulla base di ricerche bibliografiche e archivistiche.

 

Pergamene marchigiane presso l'Archivio di Stato di Roma

Nella Collezione pergamenete e miscellanee) dell'Archivio di Stato di Roma si conservano n. 324 pergamene (per un totale di 437 documenti del periodo 1067-1780) provenienti quasi tutte da comuni marchigiani, ad eccezione di 4 pertinenti al monastero di S. Croce di Fonte Avellana e di 25 della famiglia Saporiti di Sassoferrato. I documenti relativi furono, eccettuati quelli di Fonte Avellana, regestati dal Loevinson per la Deputazione di storia patria per le Marche.

 

 

Carte dell'abbazia di S. Angelo di Gaifa (Fermignano, Pesaro e Urbino) 

L'esistenza di un monastero di S. Angelo di Gaifa è attestata almeno dal secolo X. Sorgeva in località Gaifa lungo il tratto stradale che collega Fossombrone a Urbino, nella valle del Metauro, forse nei pressi dell'attuale pieve di S. Stefano di Gaifa; ne rimangono materialmente delle vestigia inglobate in case rurali al di là del Metauro nella villa Abbadia dei Monaci di Pagino (comune di Fermignano), dove sembra che l'abbazia sia stata trasferita nel 1277. Nel 1480 essa passò agli Olivetani. Del suo archivio, i cui documenti dovevano attestare, a partire dal 1110, i titoli di proprietà di numerosi beni dell'ente sparsi soprattutto sul territorio urbinate (ma anche nei vicini territori forsempronese, pesarese, fanese, cagliese e castellano), rimane ben poco. Si segnalano qui le carte oggi conservate nella Sezione di Archivio di Stato di Gubbio (36 registri e 9 mazzi) del periodo 1428-1787, finite in questa città probabilmente tramite il locale monastero olivetano di S. Pietro. 

 

Carte dell'abbazia di S. Maria di Chiaravalle di Fiastra (Tolentino, Macerata) 

L'abbazia cistercense fu fondata su un precedente insediamento benedettino a seguito della donazione di terre, poste fra il Fiastra e il Chienti, da parte del marchese Guarnerio II nel 1142. Dopo il periodo di massima fioritura nel 1422 fu saccheggiata dalle truppe di Braccio da Montone; quindi  nel 1456 fu affidata agli abati commendatari e nel 1581 alla Compagnia di Gesù. I Cistercensi, che nel 1624 l'avevano definitivamente abbandonata, da alcuni anni vi sono ritornati.  Le sue carte, pur rappresentando per quantità il più ricco fondo documentario medievale delle Marche, risultano fino ad oggi scarsamente valorizzate. Ciò può dipendere dal fatto che le pergamene fiastrensi, che assommano a 3194 e abbracciano sei secoli (XI-XVI), finirono nei secoli scorsi fuori delle Marche. Rinvenute casualmente nel 1877 in un ripostiglio della Biblioteca Vittorio Emanuele di Roma, furono assegnate all'Archivio di Stato della capitale, dove tuttora si trovano. Le più antiche (1006-1200) erano state pubblicate nel 1908 dagli archivisti del suddetto istituto, con prefazione di E. Ovidi; ma già al momento della sua uscita questa edizione rivelava tutte le sue carenze, limitando a soli 48 documenti (1006-1150) l'edizione integrale, non disponendo di indici e, più in generale, in quanto il metodo critico per la lettura e trascrizione dei testi si dimostrava niente affatto sicuro. Solo recentemente si è iniziata una nuova pubblicazione delle carte, promossa dall'Università di Macerata ed edita dal CISAM (Centro italiano di studi sull'alto medioevo) di Spoleto.

 

Carte dell'abbazia di S. Paterniano di Fano (Pesaro e Urbino)

La tradizione fanese attribuisce la fondazione di un primitivo eremo allo stesso patrono cittadino, s. Paterniano, monaco e vescovo della città morto verso il 355 d.C., ma è probabile che l'abbazia, sita sulla Flaminia a mezzo miglio dalla città e nella quale erano comunque custodite le reliquie del santo, sia stata fondata nell'VIII secolo; documenti certi sulla sua esistenza cominciano ad apparire dal secolo XI. La vecchia abbazia fu abbattuta nel secolo XVI; sul sito rimane oggi, a memoria del luogo di sepoltura di s. Paterniano, un piccolo oratorio esagonale. Del fondo diplomatico rimangono nella Sezione di Archivio di Stato di Fano alcune pergamene, di cui le prime due (secolo XII) pubblicate quasi integralmente dallo Zonghi, che compilò il regesto delle successive.  Pergamene relative all’abbazia sono state di recente riscoperte anche tra quelle della classe IV, Miscellanea (1248-1489). Infine varie copie cartacee di documenti in Corporazioni religiose,Abbazia di  S. Paterniano, Atti di rinnovazione di enfiteusi. Era stata segnalata la presenza della parte più cospicua di tale fondo a Roma, presso i Canonici Regolari Lateranensi di S. Pietro in Vincoli. Tuttavia sia i contatti avuti con i religiosi sia la visita all’Istituto romano ai fini del reperimento del materiale archivistico di provenienza fanese hanno dato esito negativo, in modo da escludere la presenza di pergamene di S. Paterniano fra le circa 3.000 conservate nel loro archivio e provenienti da oltre 70 canoniche d'Italia e ammettendo tutt'al più l'esistenza di documenti cartacei fanesi a partire dal secolo XV-XVI (è stato acquisito un unico documento del 1221 in copia cartacea del 1727). Cinque registri di protocolli notarili dei secoli XIV-XV (1307-1469), contenenti atti relativi all'abbazia, sono conservati invece presso l'Archivio di Stato di Milano, colà trasferiti durante il periodo del Regno italico napoleonico. 

 

Carte dell'eremodi S. Croce di Fonte Avellana (Serra S. Abbondio, Pesaro e Urbino)

L'eremo sarebbe stato fondato attorno al 980 sulle prime giogaie del Catria da un leggendario Lodulfo di Gubbio. Ma la fondazione dell'istituzione avellanita si deve in realtà alla figura e all'opera di s. Pier Damiano, che ne fu alla guida nel periodo 1043-1072, dapprima come priore, in seguito come cardinale e vescovo di Ostia. Determinando la scelta definitiva per l'eremo sulle orme di s. Romualdo, il Damiano fece di Fonte Avellana un centro di rinnovata spiritualità nel momento cruciale della riforma ecclesiastica del secolo XI. Quindi, nei secoli XII e XIII, l'eremo divenne uno dei più ricchi e prestigiosi monasteri d'Italia.Il fondo diplomatico delle sue pergamene si trova oggi smembrato in varie sedi archivistiche. La parte più consistente si trova presso il Collegio germanico e ungarico di Roma; numerose altre pergamene, provenienti dalla Galleria nazionale di Urbino, sono oggi conservate presso l'Archivio di Stato di Pesaro. C'è da dire, tuttavia, che le ricerche in questo fondo non comportano per gli studiosi grossi problemi, in quanto i documenti del periodo 975-1325 sono stati pubblicati in sette volumi, con edizione integrale fino all'anno 1265, mentre con gli ultimi due volumi l'edizione è in regesto

 

Cartedell'abbazia di S. Vittore delle Chiuse (Genga, Ancona)

L'abbazia fu fondata attorno al 1000 per iniziativa di signori rurali della zona, i quali tra 1011 e 1014 concessero al suo abate piena autonomia rinunciando al loro patronato sulla chiesa e divenendone enfiteuti e vassalli. Dopo la soppressione della congregazione monastica avvenuta nel 1406 le pergamene documentarie (999-1694) furono divise in vari fondi, corrispondenti alle chiese già soggette all'abbazia: il più cospicuo toccò al monastero olivetano di S. Caterina di Fabriano. A seguito della soppressione napoleonica gran parte di questo fondo finì nel palazzo della famiglia Rosei, i cui eredi lo vendettero all'antiquario fiorentino Gozzini. Da questi le pergamene furono alienate al collezionista statunitense William T. Scheide, che infine donò l'intera collezione alla Princeton University Library, dove oggi costituisce laWilliam Scheide Collection of Medieval Documents. In questo fondo della Princeton dovrebbero oggi figurare 528 pergamene di S. Vittore (secc. XI-XVIII), più altri documenti del Fabrianese e di S. Vittoria in Matenano.Le carte di S. Vittore furono regestate e pubblicate dal Sassi nel 1962. Ma tale pubblicazione è assai carente sia per i criteri seguiti dal curatore sia per il numero dei documenti esclusi. Recentemente G. Avarucci e U. Paoli dell'Università di Macerata (il secondo trasferito poi all'Archivio segreto vaticano) hanno avviato l'impresa della pubblicazione integrale delle carte di S. Vittore, ma il lavoro  richiede un impegno  non trascurabile anche a causa della difficoltà logistica di esaminare un gran numero di documenti dispersi in vari rivoli: ecco perché i programmi sono saltati e non si è ancora giunti alla pubblicazione delle carte (del I volume, con documenti dei secoli XI-XII, era prevista l'uscita nel 1996). La difficoltà principale rimane senza dubbio lo studio delle pergamene oggi conservate in America: per superare in parte questo handicap i due studiosi avevano fatto eseguire dei microfilm dei documenti di Princeton. Ma anche questa riproduzione si è rivelata carente. 

 

Archivio del Ducato di Urbino

E' il complesso di carte, già appartenente alla casa dei Montefeltro e quindi dei Della Rovere, relativo al governo del ducato di Urbino, il quale, a seguito della devoluzione dello stato alla Santa Sede nel 1631, fu in gran parte ereditato, secondo accordi intercorsi già nel 1624, da Vittoria Feltria della Rovere nepote dell'ultimo principe regnante Francesco Maria II e granduchessa di Toscana. Il fondo Ducato di Urbino è oggi conservato presso l'Archivio di Stato di Firenze ed è costituito da 972 unità archivistiche tra registri e buste dei secoli XIII-XVIII (con copie di documenti dei secoli XI-XII), più 1.371 pergamene (1063-1696) collocate nel Diplomatico. Altre carte dello stesso archivio, attinenti ai diritti dello Stato e alle giurisdizioni feudali che sarebbero passate alla  Camera apostolica, furono invece trasferite alla Santa Sede e attualmente formano il fondo Urbino dell'Archivio segreto vaticano, che dovrebbe contare almeno 280 unità. Solo una parte dell'archivio del Ducato, rimasta a Pesaro, è oggi presso l'Archivio di Stato e la Biblioteca Oliveriana della città. Si segnala, infine, l'esistenza di 25 volumi (Raccolte e miscellanee, Documenti dell'Urbinate, 1527-1738) presso l'Archivio di Stato di Rimini: si tratta per lo più di atti giudiziari, con alcune lettere del duca di Urbino e alcuni atti amministrativi


Archivi di Stato

Elenco degli archivi statali

La Regione Marche conduce da anni nell'ambito della musica antica marchigiana interventi molteplici e diversi, ma tutti riconducibili ad una azione complessa di ricerca e valorizzazione. I risultati di questi interventi saranno consultabili in questo portale, secondo le seguenti sezioni: 

  • Cos'è MUSA: tre i principali obiettivi del progetto MUSA 
  • archivio musicale regionale, censimento e schedatura delle fonti musicali conservate nel territorio; valorizzazione dei patrimoni bibliografici storici delle biblioteche e degli archivi marchigiani; recupero ed esecuzione moderna di musiche antiche. 
  • Base Dati: permette la ricerca dei documenti attraverso i seguenti campi - Genere, Autore, Titolo, Forma, Organico, Luogo pubblicazione, Editore, Data di pubblicazione, Nome, Luogo Rappresentazione, Data Rappresentazione, Incipit Letterario, Localizzazione, Segnatura, Biblioteca;  
  • Fondi Musicali: una suddivisione su base territoriale delle istituzioni in cui sono conservati fondi musicali e loro descrizione; 
  • Musicisti Marchigiani: strumento di informazione e di lavoro per quanti, musicisti, musicologi, storici ed operatori culturali, intendono accedere al copioso, ricco e composito materiale che costituisce l'inedito Dizionario dei musicisti marchigiani di Giuseppe Radiciotti e Giovanni Spadoni. 

La Guida consente una prima attenta consultazione fornendo al lettore un elenco di nomi (oltre 2.300) corredati delle informazioni biografiche essenziali, indicazioni sulla consistenza e qualità delle fonti ed un confronto con le notizie pubblicate nei più autorevoli dizionari e repertori musicali.