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giovedì 11 novembre 2021  09:47 

Eccellenze, sviluppo, innovazione e valorizzazione del proprio passato, sono questi gli elementi che hanno accompagnato la suggestiva inaugurazione della Mostra sui Carolingi, allestita in Amandola presso la ex Collegiata.

Non una semplice mostra, ma un vero e proprio contenitore di scoperte, testimonianze, ricerche e approfondimenti sulla leggendaria dinastia carolingia e sulla sua presenza nel territorio amandolese.

All’esposizione, ci si arriva dalla via principale del centro storico; attraversando il mercatino di Diamanti a tavola, proprio in questi giorni di scena in Amandola, il visitatore fa il suo arrivo nella ex Collegiata. Al primo piano vi è il Museo del Paesaggio e salendo le scale interne si giunge alla tanto attesa mostra. L’impatto è a dir poco suggestivo: il turista viene accolto da dipinti e capolavori imponenti che, istallati su pannelli blu notte, incorniciano alla perfezione i due protagonisti della mostra: il Cristo ligneo e l’esposizione multimediale sulla presenza carolingia ad Amandola.

I capolavori che circondano il fulcro della mostra, sono opere restaurate e recuperate dalle macerie del Sisma: “Grazie a Sovrintendenza, Regione, Belle Arti e gli esperti dell’Unicam, abbiamo potuto dar nuova vita a questi dipinti – spiega il Sindaco Marinangeli – qui nella ex Collegiata, abbiamo allestito un Deposito di opere d’arte, dove, attraverso donazioni e fondi ministeriali, abbiamo recuperato tutti questi tesori. Stiamo parlando di quadri di pregevole fattura, datati tra il ‘500 ed il ‘600. Sono la testimonianza della nostra storia ed era nostro dovere renderli fruibili per tutti”.

Opere di inestimabile valore, ma, come è normale che sia, l’attenzione è tutta per il Cristo tunicato, che troneggia dal fondo della sala, attorniato da un suggestivo tunnel. Ma, quindi, è Carlo Magno? “Da Sindaco e da semplice cittadino, non so dare una risposta precisa, certo è che mi piace pensarlo – ribatte Marinangeli – di sicuro ha elementi tipici della tradizione carolingia, come i calzari, la corona, il vestiario ed il doppio cordone intorno alla vita. Le statue raffiguranti Cristo, a quel tempo, non avevano questa fattura. Che ci siano elementi carolingi questo è indubbio, ma essendoci varie scuole di pensiero, non saprei dare una risposta definitiva”.

Ad aggiungere altri dettagli, sulla questione del Carlo Magno Amandolese, ci ha pensato il Professor Materazzi dell’Università di Camerino, che insieme ai suoi collaboratori ha studiato da vicino il tutto: “Grazie ad analisi diagnostiche, attraverso il carbonio 14 e moderne strumentazioni, abbiamo potuto constatare che la statua in questione risale all’anno 1000, ovvero in pieno periodo carolingio e su parte del legno, sono stati rinvenuti frammenti cromatici di varie tonalità, questo a conferma del fatto che l’opera in origine era stata pitturata e forse per un periodo ha svolto una funzione diversa da quella religiosa”.

In origine il Cristo ligneo (o Carlo Magno, scegliete voi come chiamarlo), era situato presso la Basilica Imperiale di Casalicchio. Solo in seguito, a partire dagli anni ’50, è stato spostato nella Chiesa di San Francesco, dove è stato rinvenuto dopo il sisma.

Ad avvalorare la tesi sulla presenza carolingia nel territorio amandolese, oltre alle 96 pergamene dell’anno 1000 in lingua latina ed ebraica, ci sono anche gli studi effettuati sulla cripta ipogea dell’Abbazia di San Ruffino: “Stiamo parlando di un delle poche cappelle di epoca carolingia ancora intatta in Italia. È straordinario poter raccontare e studiare questi resti – spiega il prof. Materazzi – grazie a prospezioni geofisiche e studi approfonditi del sottosuolo, abbiamo potuto riprodurre in 3D gli spazi e le sale della cripta e di conseguenza poter datare e classificare gli affreschi”.

Scoperte uniche e studi di alto livello, il tutto è stato inserito, come guida telematica, nei monitor istallati all’interno della sala: “Abbiamo riunito gli studi e le indagini degli esperti, creando un vero e proprio percorso telematico per il visitatore, visto che la cripta ipogea non è visitabile per preservarne la conservazione” ha spiegato l’ingegnere Stillitano, che ha curato l’aspetto tecnico-informatico della mostra.